È una forma di mastite “nascosta”
In questi casi le vacche non mostrano alcun segno clinico, per cui risulta difficile, se non impossibile, scoprirla durante le normali pratiche di mungitura. È quindi necessario avere a disposizione alcuni strumenti per identificare le situazioni subcliniche, altrimenti l’impatto per l’azienda può rivelarsi davvero molto costoso. Una vacca con mastite subclinica produce meno latte rispetto al proprio potenziale. Inoltre, sappiamo bene che le conseguenze di un’infezione-infiammazione a livello mammario non si limitano a compromettere la sola produzione, ma riguardano anche la qualità delle produzioni, il benessere e la fertilità delle bovine. Vale lo stesso per le infezioni cliniche, che però sono più facilmente riconoscibili per cui si interviene velocemente, mentre le subcliniche si mimetizzano e possono trasformarsi in situazioni croniche con conseguenti scarse probabilità di successo dei trattamenti e che portano poi inevitabilmente alla riforma. Tutto questo si traduce in riduzione della produzione e aumento dei costi di farmaci e del lavoro, oltre che della perdita dei pagamenti del premio a causa di una maggiore conta delle cellule somatiche (SCC).
È possibile monitorare con successo la mastite subclinica in allevamento.
Si possono eseguire test rapidi quarto per quarto, come il test CMT, per evidenziare problemi infiammatori. In alcuni impianti di mungitura, in sala o robotizzati, vengono installati sistemi che tracciano la conducibilità elettrica del latte, quarto per quarto o pool dei quattro quarti, per identificare le vacche con cellule somatiche alte. Le aziende che svolgono i controlli funzionali possono inoltre utilizzare le analisi mensili.
Quando riscontriamo problemi di elevate conte cellulari in azienda e abbiamo a disposizione i dati di cellule vacca per vacca, la prima mossa da fare è identificare le situazioni di mastite subclinica. Per ogni vacca con cellule pari o superiori a 200.000 (più nel dettaglio 150.000 se primipare) sarebbe opportuno indagare e verificare cosa stia succedendo, in questi casi il CMT permette di riconoscere processi infiammatori in specifici quarti.
Un quarto può infatti mostrare una problematica di fatto assente negli altri, quindi la sola analisi del pool di quattro quarti può nascondere anche un problema subclinico grave limitato ad un solo quarto.
Considerando poi la storia di ogni bovina con cellule alte, senza sintomi clinici, è possibile definire alcune informazioni sulla base delle quali sarà possibile decidere la strategia di gestione più adatta.
– è cronica o si tratta di una nuova infezione?
– posso effettuare una coltura batteriologia per definire il microrganismo causa del problema?
– vale la pena valutare un trattamento o pensare alla riforma?
– è già stata trattata in precedenza?
– è gravida?
Quando si individuano casi di mastite subclinica su cui si sceglie di intervenire, è necessario effettuare analisi batteriologica per capire con quale agente eziologico si ha a che fare. Trattando invece alla cieca, la probabilità di una cura risulta più bassa e la perdita in termini economici può diventare più alta. Molte aziende si basano su “colture on-farm” che indicano la categoria di batteri causa della problematica entro 24h e con questa indicazione è possibile applicare il protocollo di terapia mirata proposto dal veterinario.
Amber Yutzy, della Penn State University, ha concluso un suo articolo nel novembre 2020 con una frase decisamente attuale anche nella nostra realtà.
“Quando lavoro con un allevatore, definisco sempre un piano per il controllo delle vacche con cellule alte. Il prezzo del latte è stato basso per molti anni e se gli allevatori non prendono decisioni redditizie, è difficile sopravvivere nel settore lattiero-caseario. Penso che per la redditività e la crescita degli allevamenti di bovine da latte del futuro sia importante definire strategie chiare ed utilizzare tutti gli strumenti disponibili per risolvere inefficienze come la mastite subclinica.”
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