Una stalla che viaggia su medie di 37 litri al 2,6% di caseina e con un parto concepimento di 94 giorni. Una collaborazione vincente quella con il team ABS, per dar vita ad un formaggio da veri gourmet
Nel mondo del Parmigiano Reggiano il formaggio prodotto a casa Scalabrini non passa inosservato. Siamo a Bibbiano, nelle prime colline reggiane, vacche alimentate in maniera tradizionale, massima attenzione in caldaia, stagionature per ogni consumatore e la voglia di alzare sempre un po’ di più l’asticella.
“Il primo, eravamo negli anni ’40, fu mio nonno Ugo, di professione casaro e piccolo allevatore di Reggiana e Bianca Modenese. Negli anni ’60 fu poi mio padre Ennio a costruire la prima stalla “moderna” e vent’anni dopo mio fratello Bruno ed io siamo entrati in azienda, decidendo nel 1993 insieme al babbo di iniziare a lavorare il latte direttamente per puntare alla massima qualità. Ci hanno preso per pazzi, ma è stata una scelta vincente che ci ha cambiato la vita, consentendoci di valorizzare al meglio il nostro formaggio”.
Il mercato ha apprezzato la qualità del Parmigiano Reggiano degli Scalabrini, le produzioni sono aumentate progressivamente e nel nuovo caseificio aperto nel 2005 oggi si producono 22 forme al giorno, vendute direttamente sul mercato, senza ricorrere ad intermediari.
Sulla stalla non si scherza
Parallelamente la stalla è cresciuta e oggi può contare su una mandria con 350 animali in mungitura, sulla quale vigila con grande premura Giuseppe Di Marco, il responsabile dell’allevamento a cui va il merito dei risultati produttivi e riproduttivi, ottenuti anche grazie alla collaborazione ultradecennale con Abs .
“In stalla – spiega Ugo – tutto deve filare liscio, perché noi vogliamo concentrarci sul Parmigiano Reggiano, certi della qualità del latte che portiamo in caldaia. E aver trovato in Giuseppe un vero professionista è la ciliegina sulla torta. Poi, credendo fermamente che il Parmigiano Reggiano si debba costruire partendo dalla mangiatoia, abbiamo scelto di non utilizzare l’unifeed, ma di dare alle nostre vacche erba verde, come si faceva una volta, per almeno 7 mesi all’anno. E, a quanto pare, il consumatore apprezza la nostra scelta, perché il nostro formaggio è diverso. È un modo per valorizzare i prati stabili centenari che abbiamo in zona, dove in un metro quadrato si contano 63 diverse essenze erbacee, a tutto vantaggio dei profumi e degli aromi nel latte”.
E qui il discorso si indirizza su genetica e caseine, visto che gli Scalabrini hanno impostato un piano di lavoro focalizzato alla proteina:
“Gli obiettivi sono semplici e condivisi con ABS, azienda che è al nostro fianco da più di 15 anni. A noi interessa la materia utile e non tanto i litri di latte prodotti, con un occhio di riguardo per il grasso, perché avendo tanta caseina non se ne può fare a meno”.
La squadra ABS funziona
Le medie sono comunque notevoli e avere medie di 37 litri premia gli investimenti fatti in questi anni:
“è una frase ormai abusata, ma è un lavoro di squadra che implica un confronto periodico con ABS, nella persona del sire analyst Virginio Zilli e dell’agente Flavio Maia perché tutti siamo sulla stessa frequenza nello scegliere i tori da usare. E le strategie pagano, specialmente quando si vedono i risultati che abbiamo deciso e ottenuto insieme”.
Il fatto che tutto giri bene è testimoniato dal centinaio di animali da vita venduti ogni anno dalla stalla reggiana e da un intervallo parto conce- pimento di 94 giorni (no, non è un errore di stampa. N.d.r.).
Seme per ogni esigenza
“La macchina è ben rodata – spiega Ugo Scalabrini – e l’aver inserito il British Blue (il Blu Belga di ABS) nella copertura delle nostre vacche ci porta un ulteriore reddito, all’insegna della massima facilità di parto. Le strategie? Tanto sessato, uso di seme Rossa Norvegese sulle primipare per dare un po’ di tono alla Frisona e una gestione attenta alle esigenze degli animali. Il resto ce lo giochiamo in caldaia con una caseina che oscilla dal 2,5 al 2,65% e rese che fanno registrare un apprezzatissimo consolidamento. Il prossimo passo? Genotipizzare la mandria e creare una vacca “modello Scalabrini”, capace di ottimizzare i fattori produttivi di questa azienda e farci produrre il latte ideale per dar vita al miglior Parmigiano Reggiano”. Sogni? No, si può fare. Parola di Abs.*